lunedì 26 ottobre 2009

Recensione WRONG TURN 3: LEFT FOR DEAD di Declan O'Brien (USA 2009)

Regia: Declan O'Brien
Sceneggiatura: Connor James Delaney
Anno: 2009
Nazionalità: USA
Interpreti principali: Tom Frederic, Janet Montgomery, Tamer Hassen, Gil Kolirin, Tom McKay
Genere: Horror
Data di uscita americana: 20 ottobre direttamente in dvd
Data di uscita italiana: Disponibile in dvd col sottotitolo: Svolta mortale

Trama: Dopo aver vissuto l'adrenalina di una sessione di rafting, un gruppo di ragazzi inconsapevolmente si ritrova nel territorio di "3 dita", un cannibale deformato e pluriarmato che non lascia scampo alle prede umane che prende di mira. Qualche tempo dopo, un pullman che trasporta dei detenuti da trasferire in una nuova prigione va a sbandare inseguito proprio dalla vettura del mutante.

La regola del "non c'è due senza tre" sta prendendo sempre più piede nel mondo dell'horror e Wrong turn, il cui capostipite di Rob Schmidt risale all'ormai lontano 2003, non poteva mancare di certo all'appello. Dopo un primo episodio destinato alle sale cinematografiche e che logicamente rimane ancora il migliore dal punto di vista qualitativo, si è deciso prevedibilmente di proseguire la serie relegando le uscite dei seguiti esclusivamente al mercato dvd. Questo cambio di guardia nella distribuzione non ha apportato grandi benefici a questa inattesa trilogia: il primo tracollo artistico lo si poteva vedere già nel peggiorato, in tutti i sensi, trucco dei mostri che ora sembrava quasi che indossassero delle pessime maschere di Halloween, quelle che persino i bambini si sarebbero rifiutati di comprare. D'altronde nel primo film c'era lo zampino del compianto Stan Winston che sicuramente avrà avuto un occhio di riguardo anche per l'aspetto delle creature deformi. Un'altra frattura riguardava la trama, non più curata dal precedente Alan B. McElroy, bensì ora consegnata nelle mani della coppia Tury Meyer e Al Septien, complici nella realizzazione di una sceneggiatura poco intelligente e ricolma di facilonerie e riferimenti agli aspetti più degradanti della cultura americana sovrastata dalla mentalità di trasformare in un reality anche il processo che porta all'espletamento di un proprio bisogno personale. Tutte queste scelte hanno portato ad una storia inconsistente, trasformata in fragile mezzo per collegare tra loro le varie sequenze splatter, e che volontariamente calcava la mano su lato più faceto della vicenda.

Chi ha avuto modo di vedere i primi due Wrong Turn , avrà notato come il secondo sviluppi una storia del tutto parallela al predecessore, evitando quindi di riallacciarsi all'epilogo di quest'ultimo senza porsi troppi problemi riguardo la continuità, mantenendo del primo solamente l'ambientazione e le figure ostili. La caratteristica che ha reso così poco incisiva l'opera di Joe Lynch è probabilmente l'eccessiva quantità di luoghi comuni: ad esempio la scena che riprende il particolare banchetto degli esseri informi è stata riproposta tante di quelle volte che ha ormai lo stesso effetto apatico di una freddura. Inoltre se il seguito fosse stato veramente valido, la memoria si sarebbe messa in funzione per conservare almeno un passaggio chiave della pellicola, cosa che invece non è successa con il sottoscritto. Riponendo (per sempre!) sullo scaffale Wrong turn 2, iniziamo ora a parlare della grande sorpresa che si è rivelato il titolo protagonista di questa recensione.


Il terzo della serie, beato di essere ricaduto nella posizione numerica che rappresenta la perfezione, propone per prima cosa un prologo da applausi scroscianti per la sua spettacolare maniera di fare piazza pulita di giovani assatanati, entusiasmante non solo per la frenetica successione di morti in goduriosa veste splatter, ma soprattutto per il realismo della messa in scena. Da notare come una potenziale scena di sesso tra due personaggi si interrompe bruscamente trasformandosi nell'evento che darà luogo al pandemonio ad alto tasso di emoglobina. Successivamente fanno la loro comparsa i veri protagonisti del film, un pugno di galeotti che devono essere trasferiti in una nuova prigione di sicurezza, tenuti constantemente sott'occhio da alcune guardie che a loro volta cercano di carpire i segreti custoditi dai reclusi. I carcerati non si discostano molto da alcune consuetudini caratteriali: abbiamo lo spagnolo taciturno che intimorisce al solo sguardo, il pelato diretto rivale di quest'ultimo, il pervertito che non si fa sfuggire l'occasione di tormentare perfino le autorità di sesso femminile e infine l'innocente ingiustamente catturato dalla rete della giustizia. La familiarità che suscitano questi ruoli passa in secondo piano se si presta attenzione al realismo che emerge dalla loro personalità: da questo punto di vista è stato fatto un egregio lavoro di raffinamento. Altro cambiamento che si fa notare è la riduzione del numero degli antagonisti: se nel predecessore avevamo questa famiglia alterata ridicolmente numerosa ora fortunatamente ci dobbiamo accontentare di "3 dita" e di un suo piccolo alleato della stessa razza.


Fa piacere constatare come i toni della narrazione siano diventati notevolmente più seri rispetto alla deplorevole direzione intrapresa nell'antecedente e questa felice scelta lo riavvicina nuovamente alle atmosfere dell'archetipo. Fare un intero film incentrato solo ed esclusivamente su uomini (finalmente, e non giovani!) che attendono la propria fine per mano di un cannibale, non sembra di alcuna attrattiva per gli abitudinari dell'horror e per questo si è cercato di ovviare a questo problema proponendo una sottotrama, non originale ma dopottutto apprezzabile, che a volte si permette pure di accantonare il fuggi e muori che caratterizzava questa serie. Per quanto riguarda i difetti, non si può fare a meno di constatare gli alti e i bassi nella resa degli effetti speciali che in alcuni casi sono supportati da uno smoderato uso di computer grafica, probabilmente unico mezzo per rientrare nelle spese previste dalla produzione (d'altronde è un film che nasce come progetto televisivo). Però che ci si impunti con arroganza unicamente su questa insufficienza realizzativa e da questo si faccia dipendere l'intera valutazione della pellicola, come sta puntualmente capitando nelle mediocri recensioni americane che si trovano in giro, è a mio avviso, un atteggiamento poco professionale e irrispettoso verso gli autori dell'opera. Allora vuol dire che tali giornalisti del settore sono affetti da una cecità preoccupante che ha impedito loro di vedere le numerose qualità di WT3. Ciò che mi ha lasciato una buona impressione sono stati i credibili comportamenti dei personaggi che evitano di farsi una risatina quando scampano ad una situazione di pericolo e fino alla fine rimangono decisamente turbati e il loro malessere diventa tangibile attraverso le parole della protagonista che continua a ripetere: "Voglio tornare a casa!". Dulcis in fundo, l'inaspettato finale che però non ci evita la solita conclusione già vista precedentemente. I miei complimenti personali vanno al fin'ora sconosciuto sceneggiatore, Connor James Delaney, che ha saputo dimostrare un'imprevista competenza nonostante si tratti del suo primo lavoro.

GIUDIZIO FINALE: 7

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